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Una stirpe che ama il corpo. LXV Settimana di spiritualità

Anno di stampa: 2025
Tipo di copertina: plastificata lucida
Numero pagine: 168
Autore: Aa. Vv.
Collana:
Fiamma viva

ISBN edizione cartacea: 9791254520765





Fiamma viva è il titolo di una delle opere più conosciute di san Giovanni della Croce, ma è anche il simbolo con cui la Parola di Dio e l’esperienza dei mistici narrano l’azione dello Spirito, fonte dell’amore. La collana raccoglie gli atti della Settimana di Spiritualità che si tiene ogni anno presso il “Teresianum” di Roma, con approfondimenti biblici, teologici e pastorali su temi monografici della vita nello Spirito.

Nei giorni tra il 10 e il 14 marzo 2024, si è tenuta presso il Teresianum la LXV edizione della Settimana di Spiritualità, sul tema: «Una stirpe che ama il corpo». Chiamati a raccolta, studiosi di varia provenienza si sono trovati a confrontarsi sull’impatto che i grandi mutamenti in corso, principalmente in campo culturale e tecnico, hanno avuto e continuano sempre più ad avere sulla stessa comprensione dell’essere umano quale spirito incarnato.

In questo volume si presentano le relazioni dei conferenzieri in cui emerge una teologia che si assume la responsabilità di riflettere non tanto sul «descrivere» o sul come «utilizzare» un corpo, ma sul che cosa significhi il corpo, in un tempo in cui la policrisi antropologica ha raggiunto dimensioni preoccupanti. In tal senso, ci si è chiesti se il corpo umano costituisca una via di accesso a Dio; e, viceversa, se attraverso di esso Dio comunica con noi.


AUTORI
Adrian Attard, Maria Aracoeli Beroch, Amador Pedro Barrajón, Ramón Lucas Lucas, Antonio Malo, Patrizia Manganaro, Emanuela Prinzivalli, Marta Rodríguez Díaz, Lukasz Strzyz-Steinert

Dalla Presentazione di
p. Adrian Attard, ocd
Vice Preside della Pontificia Facoltà di Teologia «Teresianum»


«Siamo giunti alla convinzione che, tra tutte le cose della terra,
la prima da esporre sia la mistica del corpo,
visto che è la più sconosciuta e quella più vicina a noi.
Viviamo con il nostro corpo e attraverso il nostro corpo».

[V. Pourcel, Apología del Cuerpo, Fax, Madrid 1959, p. 17]

Se la teologia di stampo scolastico, arroccata nei confini tridentini, ha creduto di poter cosificare e risolvere «in formule» il mistero, queste parole tratte dall’opera Apología del Cuerpo di Victor Pourcel mostrano quanto la mistica appaia più sensibile all’evento cristiano originario e fondante: ossia all’incarnazione del Verbo, che ha vissuto in pienezza la corporeità umana. Tuttavia, sebbene questa mistica sia più vicina a noi, rimane per un certo verso lontana e sconosciuta.
Ciò è dovuto al pregiudizio diffusissimo che il cristianesimo sia nemico del corpo, invertendo l’accusa del pagano Celso, secondo il quale i cristiani erano un philosomaton genos, ossia «una stirpe che ama il corpo». [Origene, Contra Celsum, V, 14] Infatti, sebbene il cristianesimo abbia seguito sostanzialmente la dottrina dei Padri, e non le eresie gnostiche da loro confutate, ha mantenuto nella sua ragione teologico-ermeneutica una linea vicina alla metafisica platonica, nella quale si postulava essenzialmente un dualismo, accentuato ulterior­mente dall’influsso cartesiano, tra il mondo corporeo e quello spirituale-metafisico. [Cfr. A. Gesché – P. Scolas (eds.), Le corps, chemin de Dieu, Cerf, Paris 2005, p. 19]
Ma né il corpo da solo, né l’anima da sola definiscono l’essere umano. L’antropologia cristiana è essenzialmente uniduale, poiché vi si integrano corpo e anima come due dimensioni inscindibili e reciprocamente arric­chenti. Essa vede nella corporeità una dimensione costitutiva dell’essere umano, e rifiuta ogni tentativo di dividere l’uomo in un settore autentico, perennemente valido – lo spirito – e in un altro inautentico e transitorio – la materia. Il binomio corpo-anima non definisce la contrapposizione di due realtà complete e distinte, ma la mutua interpenetrazione di una nell’altra nella composizione dell’unica realtà-uomo.
Sebbene stilisticamente vicino all’ellenismo, è il Prologo di Giovanni a superare una metafisica dell’immaterialità evocando la profondità del rapporto tra divinità e umanità nell’incarnazione del Verbo di Dio. E non lo fa dicendo – almeno formalmente – che Egli si è fatto uomo, e nemmeno che si è fatto corpo, ma che si è fatto carne, [Ibid., p. 34] designando l’aspetto visibile, materiale, più concreto e fisico dell’essere umano. Si tratta, appunto, della realtà più intima del corpo, fatta di sensibilità e di fragilità, di delicatezza e anche di sofferenza. Da qui l’acquisizione che tra cristologia e antropo­logia non c’è un rapporto esterno e secondario di buon vicinato, come se fossero due realtà autonome e perfette in se stesse, ma di interna e essen­ziale implicanza, tanto da affermare che «se Dio è capace di assumere la carne, anche l’essere umano è capace di Dio […]. In noi, per così dire, Dio scopre il corpo e, al tempo stesso, in lui il nostro corpo viene scoperto. In questo camminare insieme avviene la “scoperta” di una nuova realtà». [P. Duarte, Il corpo e Dio, in «La Civiltà Cattolica» 4035-4036 (2018/III), pp. 270-271]. Ecco perché Tertulliano concentra il paradosso teologico della carne in una celeberrima frase: «la carne è il cardine della salvezza», [Tertulliano, De resurrectione carnis, VIII, 2] indicando che essa è essenziale quale mezzo di manifestazione della gloria di Dio, la cui opera salvifica prosegue nella Chiesa e nei sacramenti.
Il Teresianum ha organizzato a Roma, nei giorni tra il 10 e il 14 marzo 2024, la 65a edizione della Settimana di Spiritualità, riflettendo sul tema: «Una stirpe che ama il corpo». Chiamati a raccolta, studiosi di varia pro­venienza si sono trovati a confrontarsi sull’impatto che i grandi muta­menti in corso, principalmente in campo culturale e tecnico, hanno avuto e continuano sempre più ad avere sulla stessa comprensione dell’essere umano quale spirito incarnato. In questo volume presentiamo le relazioni dei conferenzieri in cui emerge una teologia che si assume la responsa­bilità di riflettere non tanto sul «descrivere» o sul come «utilizzare» un corpo, ma sul che cosa significhi il corpo, in un tempo in cui la policrisi antropologica ha raggiunto dimensioni preoccupanti. In tal senso, ci si è chiesti se il corpo umano costituisca una via di accesso a Dio; e, viceversa, se attraverso di esso Dio comunica con noi. Nel tentativo di comprendere fino a che punto il cambiamento in corso stia realizzando una vera e pro­pria metamorfosi dell’umano, è stato analizzato il valore del corpo umano nella vita spirituale.
In questa maniera, il corpo umano, nella sua mascolinità e femmini­lità, esprime una realtà teologica, ossia testimonia l’Amore come sorgente. L’essere umano, come voluto da Dio, è capace di conoscere la creazione come dono d’Amore tramite il suo corpo, e ciò indica che l’esperienza della sua soggettività, mediante la comunione delle persone, è un’esperienza in­sieme soggettiva e beatificante, cioè, un’esperienza di beatitudine e di gra­zia. In questa luce, il significato del corpo si riferisce a quella capacità del corpo umano di rendere presente la verità sulla persona, principalmente la sua origine dall’Amore trinitario. La persona umana scopre quest’Amore tramite l’esperienza che il corpo fa della propria identità personale. Tale significato del corpo è determinato dal come l’uomo si automisura e si autovaluta, in termini di esperienza della propria soggettività. Ed è pro­prio quando l’esperienza del corpo rende presente l’Amore della vita di­vina, quando cioè diventa esperienza soggettiva e beatificante, che si può parlare di significato sponsale del corpo. Per «sponsalità» del corpo, non si intende soltanto né principalmente la funzione generativa, ma piutto­sto la capacità di esprimere l’amore, quell’amore nel quale l’uomo-persona diventa dono e attua il senso stesso del suo essere e del suo esistere nella comunione delle persone. Più in radice va intesa come espressione dell’im­magine di Dio.