Il Povero e la bambina. Storia di una monaca di clausura
Anno di stampa: 2011Tipo di copertina: plastificata lucida
Numero pagine: 96
Autore: Una carmelitana
Prefazione: Saverio Cannistrà
- Collana:
- Categoria: ,
ISBN edizione cartacea: 9788872295199
ISBN edizione digitale (.ePub):9791254521021
Edizione: prima
Di distacchi e di rinunce è fatta la vita di una carmelitana di clausura. Dallo spazio chiuso di un monastero, giunge però la voce dissonante dell’autrice di questo libro che, pronta a gettar luce intorno al mondo cui appartiene, racconta con gioia la storia della sua vocazione. Dipanando il filo della stessa, rivela progressivamente la libertà che dischiude il cammino di abbandono e fiducia nel Signore. Creato un equilibrio tra il mondo della favola e quello della realtà, fa assaporare di volta in volta il mistero della povertà evangelica.
Il Povero e la bambina è infatti metafora di un incontro, tra Gesù e un’anima, di una conoscenza sempre più approfondita che culmina nel Carmelo.
Di matrice autobiografica, questo libro è un invito a guardare con occhi nuovi lo spazio della clausura e a porre se stessi sotto il segno della povertà, che vuol dire carità, spirito di condivisione, un cuore da bambini.
Dalla prefazione di padre Saverio Cannistrà
Due immagini di piccolezza e di debolezza danno il titolo a questo libretto, testimonianza di una vita spesa interamente nella contemplazione. La vocazione claustrale è
normalmente associata al pensiero di virtù forti. Invece, varcare la soglia della clausura è solo il primo passo. Ci sono molte altre soglie
interiori che si dovranno varcare in seguito, in un lento e spesso sofferto processo di crescita. E a ogni tappa ci si scopre più piccoli e deboli, ma anche stranamente più forti e
più capaci di donare vita all’altro. La vita contemplativa non è solo una scoperta continua di Dio, ma anche una continua scoperta di se stessi. Abbiamo bisogno di queste parole
povere e semplici, capaci di annunciare nuovamente il vangelo, capaci di ridire in modo credibile che la povertà e la piccolezza sono visitate e abitate dalla ricchezza di un amore smisurato.
Dalla "Premessa sulla vita contemplativo" di papa Benedetto XVI
Anche oggi, suscitando spesso la sorpresa di amici e conoscenti, non poche persone abbandonano carriere professionali spesso promettenti per abbracciare l’austera
regola d’un monastero di clausura. Questi nostri fratelli e sorelle testimoniano silenziosamente che in mezzo alle vicende quotidiane unico sostegno che mai vacilla è Dio, roccia incrollabile di fedeltà e di amore. “Todo se pasa, Dios no se muda”, scriveva la grande maestra spirituale santa Teresa d’Avila in un suo celebre testo. E dinanzi alla diffusa esigenza che molti avvertono di uscire dalla routine quotidiana dei grandi agglomerati urbani in cerca di spazi propizi al silenzio e alla meditazione, i monasteri di vita contemplativa si offrono come “oasi” nelle quali l’uomo, pellegrino sulla terra, può meglio attingere alle sorgenti dello Spirito e dissetarsi lungo il cammino.
«IL NIDO NEL DESERTO»
Intervista a una monaca di clausura
Un nido nel deserto. Simbolo di vita nell’apparente aridità. La metafora l’avevo immaginata anch’io, a volte. Ma non sapevo che derivasse da san Giovanni della Croce, mistico spagnolo del XVI secolo. L’ho scoperto leggendo Il Povero e la Bambina. Storia di una monaca di clausura, scritto da una carmelitana e pubblicato dalle Edizioni OCD dei Padri Carmelitani scalzi.
La lettura del volumetto (96 pagine) mi ha talmente avvinto che ho fatto di tutto per incontrare l’autrice nel suo ambiente, un monastero di clausura delle Carmelitane scalze. Mi aspettavo un luogo lugubre e tetro; invece scopro giardini, chiostri e ampie vetrate che rendono luminosi gli interni. Mi ero immaginato spazi angusti e invece mi ritrovo a percorrere corridoi alti e spaziosi. Quando suor N. mi raggiunge in parlatorio, un’ulteriore sorpresa: non un’anziana suora ingobbita, ma un tipo alto e giovanile nell’aspetto. Prima che con le parole, parla con lo sguardo luminoso che viene da dentro (o forse da oltre) e con un sorriso accogliente che ti fa sentire subito a tuo agio. Nella lunga conversazione, mi accorgo di non avere di fronte una donna sprovveduta e chiusa nel suo ambiente, ma una persona immersa nei dibattiti e nei problemi della Chiesa e del mondo presente.
Le confido quanto io senta familiare l’immagine del nido e i mille motivi per cui rimango sorpreso incontrandola. E lei, subito:
Anch’io – sa? – agli inizi mi immaginavo quel nido come uno spazio comodo da ritagliarmi per me stessa e in cui sentirmi al sicuro. In poco tempo ho compreso che quel «nido nel deserto» che Dio mi prometteva non era un cantuccio comodo in cui mi sarei rifugiata… Era un qualcosa che ancora non conoscevo, ma che intuivo che mi si sarebbe rivelato con maggiore chiarezza, man mano che avessi accettato di lasciarmi portare sempre più profondamente in questo deserto.
Dunque serve molto coraggio e molto eroismo per affrontare il “deserto” della clausura.
Molta determinazione e molta tenacia, sì. Ma un’altra delle sorprese che ci vengono incontro al Carmelo è la scoperta che per arrivare a scoprire Dio non occorre salire in alto, alle sublimi vette dell’eroismo, ma piuttosto scendere nell’interiorità, fino a toccare con mano l’abisso della nostra povertà. Una povertà amata e abitata. È il cammino di ogni giorno, perché ogni giorno ci si scopre più deboli, più fragili, più amati.
Ma perché raccontare tutte queste esperienze soggettive in un libro, se avete scelto il silenzio e il nascondimento?
La vita contemplativa e la vita mistica hanno bisogno di raccontare, non di raccontarsi. È una pienezza che trabocca e si fa testimonianza. Santa Teresa d’Avila ha scritto il libro della sua Vita, santa Teresa di Lisieux i Manoscritti autobiografici, i grandi santi e mistici del Carmelo hanno comunicato la propria esperienza. Raccontando ciò che vivo e sperimento, non racconto me stessa, la mia vita, ma l’opera di Dio in me e attraverso di me. «Canto» – per usare un’espressione di santa Teresa d’Avila – «le misericordie del Signore».
Non c’è il rischio di rinchiudersi in un isolamento dorato, lontano dalle preoccupazioni reali della gente?
Nello spazio limitato della clausura di Lisieux, Teresa di Gesù Bambino è diventata patrona delle missioni della Chiesa universale. Anche per me è stato sorprendente scoprire che, dopo tanto fare fine a se stesso, è solo l’Amore che ci rende missionari ovunque siamo. E dal nostro spazio limitato ma non limitante, la preghiera, la fraternità, i colloqui in parlatorio, l’offerta dei sacrifici, non sono per noi, ma per ogni uomo e per ogni donna che vive nel mondo.
Continuiamo a parlare a lungo della loro giornata-tipo, delle difficoltà della vita fraterna, di politica, delle ricette più gettonate in cucina… a tal punto che mi accorgo di essere già in ritardo per il prossimo appuntamento. Saluto in fretta la monaca e mi sorprendo (io che entro in chiesa quasi esclusivamente per matrimoni e funerali) a raccomandarmi alla sua preghiera. E, rimettendomi al volante, mi convinco di poter contare davvero su un nido nel deserto del Carmelo. Uno scudo di protezione. Un rifugio di preghiera. Un’interlocutrice affidabile a cui poter esporre con fiducia i miei problemi e le mie sofferenze. Un’amicizia che – non so come – mi parla di Altro. (M. C.)






