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Introduzione alle icone

Scrivere nella materia il messaggio della Buona Notizia

L’icona è fondata teologicamente sull’Incarnazione di Dio «che ha reso visibile il suo Volto nel nostro Signore Gesù Cristo».
D’uso liturgico o domestico, l’icona è una «immagine» conforme alla Parola di Dio, elaborata dalla fede e dalla meditazione della Chiesa, e riguarda la Rivelazione. Scrive nella materia il messaggio della Buona Notizia: Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, che è morto e risorto […]. Rappresentando Cristo, la sua Madre, i santi, la Chiesa venera nelle loro immagini la loro persona […]. Per esprimere la divino-umanità di Cristo e la santità, l’icona ha un suo linguaggio proprio, sulla luce, sulla prospettiva invertita, sul modo di disegnare e sui colori.

- La luce non è una luce naturale che parte da una fonte esterna, ma si riferisce alla luce divina che proviene da Cristo stesso, come la sperimentarono gli apostoli nella Trasfigurazione. Questa luce trinitaria sale dall’interno, illumina il cuore dei santi e li trasfigura. Così, «la salita della luce» su di un volto o una veste si fa poco a poco, per strati successivi. All’inizio, il volto ha un colore «terra» per ricordare che l’uomo, Adamo, è stato creato dalla Terra (Adamo significa il «terroso». Cfr Gen 1 e 2). In seguito toni sempre più chiari sottolineeranno i tratti del volto e del corpo. È questa Luce che s’irradia nell’aureola.

- La prospettiva invertita: le linee di questa prospettiva non si incontrano in un punto di fuga collocato dietro l’icona, ma in un punto collocato davanti, diretto verso colui che guarda l’icona; il cuore del credente in questo modo è sollecitato ad aprirsi al Mistero della fede che è rappresentato.
- il disegno: il rigore del tratto è diretto verso l’essenziale, così da poter leggere una forma, un movimento, e ci coinvolge in questa dinamica. L’icona è una scrittura.

- I colori hanno significati che possono cambiare secondo il contesto. (Per esempio, il rosso può significare il fuoco dello Spirito o il fuoco brillante della Passione).

L’icona obbedisce ad una serie di regole sulla «tipologia» di coloro che sono rappresentati con i loro tratti caratteristici, i loro gesti e i loro atteggiamenti: «Ad immagine del carattere immutabile del divino, la prospettiva delle icone annulla l’accidentale per concentrarsi sul tipico e l’astratto. Alla frontalità dei volti e dei corpi si aggiunge quella delle architetture, dei paesaggi, degli oggetti che, fissi e statici, sembrano muoversi verso lo spettatore. La simmetria penetra, ordina e unifica i diversi elementi dell’immagine. Le dimensioni degli edifici non obbediscono ad una logica naturalista, le forme sono invece rappresentate con proporzioni alogiche». Queste regole insistono anche sullo spirito di preghiera e di fede che governa l’elaborazione dell’icona, con ciò che ne consegue riguardo al digiuno dei sensi, alla sobrietà spirituale, e all’essere impregnati dalla Parola di Dio poiché l’icona di una festa o di un santo si appoggia su di un fondamento biblico e, a volta, su di un inno liturgico.

L’arte dell’icona domanda una fedeltà creatrice da parte di «colui che scrive l’icona» (significato della parola «iconografia») nella misura in cui si riappropria della fede di cui si nutre. Al servizio della comunità ecclesiale, si sforza di restituire ciò che riceve dalla Tradizione, e ciò passa attraverso il mistero della sua stessa persona in comunione. Per questo l’iconografo non firma l’icona, come per sottrarla ad ogni affermazione di sé. Una volta benedetta, l’icona entra nel messaggio della Rivelazione che essa veicola, e tutto sbiadisce davanti alla Presenza.

Quale sia la forma che prende l’icona, siccome la venerazione non si rivolge alla materia ma alla persona che rappresenta, conviene trattarla non come un semplice oggetto, né come un elemento decorativo, ma con rispetto, poiché è un luogo di incontro con Dio. Davanti ad un’icona di prega. Spesso scopriamo di essere guardati dal personaggio principale (il Cristo, la Vergine, un santo, ecc.) che sta di fronte a noi e pertanto ci introduce ad un faccia a faccia.
Venerare una icona è una confessione di fede: l’onore reso all'immagine va al suo prototipo, e colui che venera l’icona venera la persona che vi è rappresentata (VII Concilio) [Testo tratto da Commentaire d’Icônes, Monastère de l’Épiphanie, Francia]